disturbi sessuali femminili, educazione sessuale, sessualità di coppia

Disturbo da avversione sessuale e vaginismo

Come hai potuto leggere in QUES’ARTICOLO, il disturbo del desiderio sessuale femminile si suddivide in:

  1. DISTURBO DEL DESIDERIO SESSUALE IPOATTIVO: caratterizzato da scarse o assenti fantasie sessuali e calo dell’interesse per l’attività sessuale (il famoso “calo del desiderio sessuale”);
  2. DISTURBO DA AVVERSIONE SESSUALE: per cui si prova panico e repulsione in conseguenza di pensieri, sensazioni, sentimenti o situazioni di natura sessuale o erotica (che può dare origine a fenomeni di vaginsmo – contrazione involontaria dei muscoli del perineo e della vagina che impediscono ogni tipo di penetrazione).

In quest’articolo ci occuperemo del DISTURBO DA AVVERSIONE SESSUALE e VAGINISMO. In passato abbiamo parlato del disturbo del desiderio sessuale ipoattivo (leggi l’articolo CLICCANDO QUI).

DISTURBO DA AVVERSIONE SESSUALE

Chi soffre di disturbo da avversione sessuale prova ripugnanza nei confronti dell’attività sessuale. Di conseguenza, l’ansia prodotta dal pensiero di potersi trovare in situazioni sessuali fa sì che si evitino tutti (o quasi tutti) i contatti sessuali genitali con il partner.

L’avversione al contatto genitale può essere:

  • Generale: si sperimentano panico e repulsione in conseguenza di sensazioni, pensieri, sentimenti o situazioni di natura sessuale ed erotica;
  • Specifico: avversione allo sperma, al pene in erezione, ai genitali (propri o del partner), alla nudità, al piacere, all’eccitazione, all’atto della penetrazione, ecc.

Le principali caratteristiche del disturbo sono quindi:

  • ripugnanza persistente o ricorrente nei confronti dell’attività sessuale oppure evitamento della stessa;
  • difficoltà nelle relazioni sessuali: si evita il contatto sessuale genitale con il partner sessuale, si evita di toccarsi e baciarsi, vi è scarso (o nullo) desiderio per l’attività sessuale;
  • provare ansia (fino a veri e propri attacchi di panico), paura o disgusto quando si è coinvolti sessualmente.

Il disturbo da avversione sessuale può essere suddiviso in:

  • Generalizzato: la reazione di avversione sessuale è presente costantemente e al variare dei partner;
  • Situazionale: la reazione di avversione sessuale è presente con un solo partner o solo in determinate circostanze; 
  • Permanente: la persona ha da sempre presentato un atteggiamento di avversione e di disgusto per il sesso; 
  • Acquisito: la reazione negativa agli stimoli di natura sessuale dipende da apprendimenti culturali ed esperienze personali che hanno condizionato il soggetto fino a provocare il rifiuto della sessualità.

Tra le possibili cause vi sono:

  • esperienze sessuali traumatiche: quali abuso sessuale psicologico e/o fisico, aborto;
  • educazione familiare religiosa, rigida e sessuofobica: convinzioni che rendono difficoltoso il rapporto con il proprio corpo, con la propria sessualità e con il sesso in generale;
  • informazioni sessuali inadeguate: aspettative erronee o negative riguardo al rapporto sessuale;
  • problemi relazionali quali l’infedeltà;
  • pressioni sessuali subite in relazioni precedenti;
  • paura della gravidanza, del parto e post-parto;
  • stress esterni: preoccupazioni di tipo economico, problemi di salute, preoccupazione per le implicazioni di una malattia (propria o di una persona cara) e/o paura di una ricaduta, dolore per la perdita di una persona cara, difficoltà sul lavoro, apprensione per i figli e i propri cari, ecc.;
  • stress interni: derivanti dal modo di pensare e di interpretare le situazioni, mancanza di problem- solving per trovare soluzioni adeguate, influenza dello stress sugli ormoni;
  • omofobia interiorizzata;
  • abuso di sostanze e/o depressione.

Il trattamento del disturbo viene pianificato in base alle cause del disturbo, ma in genere prevede:

  • Psicoeducazione: conoscenza dell’anatomia sessuale e del ciclo di risposta sessuale (fasi del funzionamento erotico), miglioramento della consapevolezza del proprio corpo (esplorazione visiva e cinestesica), comprensione dei fattori fisiologici e psicologici coinvolti nel rapporto sessuale, esame delle credenze e dei miti comuni inerenti il sesso, ecc.;
  • Esposizione graduata: si porta la persona ad affrontare situazioni “sessuali” ansiogene sempre più intense fino ad imparare a gestirle;
  • Percorso individuale: intervenire sui condizionamenti socio-culturali ricevuti, sui pensieri e sulle credenze (convinzioni disfunzionali) circa la sessualità e il contatto sessuale; affrontare eventuali traumi; diventare consapevoli del proprio rapporto con la corporeità e l’emotività.

N.B. Nel caso di abuso sessuale o di altre esperienze traumatiche, il trattamento non può ovviamente prescindere da programmi di intervento più ampio con psicoterapeuti specializzati. Inizialmente, infatti, il trattamento è indirizzato alla gestione e al superamento del trauma; l’intervento si concentra sugli aspetti sessuali solo quando gli aspetti disturbanti conseguenti a tali traumi sono stati trattati adeguatamente.

VAGINISMO

Spesso chi soffre di disturbo da avversione sessuale sviluppa anche il vaginismo.

Il vaginismo consiste in una contrazione spastica della muscolatura vaginale e/o perivaginale che impedisce la penetrazione. Attualmente la maggior parte dei sessuologi e degli psicoterapeuti che si occupano di disfunzioni sessuali sono propensi ad un approccio plurifattoriale per quanto riguarda gli aspetti eziologici del problema. In particolare, l’attenzione si è focalizzata sugli schemi di reazione appresi o elaborati inconsapevolmente dalla persona, schemi che portano a configurare il vaginismo come una risposta fobica circoscritta, talvolta favorita e mantenuta da una relazione di coppia emotivamente disadattata.

La maggioranza degli esperti condivide l’opinione secondo cui qualsiasi stimolo negativo associato all’atto sessuale o alla penetrazione vaginale può essere considerato responsabile dell’apprendimento di questa reazione disadattata, prescindendo dal fatto che lo stimolo negativo sia reale o immaginario e che la persona ne sia o no consapevole.

In un’ottica più cognitiva è possibile delineare il seguente modello esplicativo: la donna, configurando suo malgrado la penetrazione vaginale in termini negativi (sentimenti di paura, disgusto od ostilità), e ciò indipendentemente dall’attrazione provata e dal desiderio sessuale attuale, ricorre alla contrazione come modalità di evitamento in presenza di uno stato d’ansia pronunciato. Questo schema di risposta può essere generalizzato e quindi riattivato in situazioni anche diverse da quelle che hanno contribuito ad organizzare la risposta (ad esempio durante la visita ginecologica).

Si distinguono un vaginismo primario (presente in donne che non hanno avuto esperienze sessuali) e un vaginismo secondario (presente in donne che hanno già avuto rapporti con penetrazioni normali).

Vaginismo primario:

  • condizionamenti negativi nei confronti del sesso per ragioni morali, religiose, estetiche o culturali tali da generare auto-repressione;
  • suggestioni materne e/o paterne negative verso la vita sessuale e la fisiologia maschile e femminile;
  • trauma da violenza sessuale o tentativo di violenza;
  • grave perdita o delusione amorosa durante l’adolescenza;
  • trauma legato alla rottura dell’imene e al primo rapporto sessuale;
  • presenza di un disturbo di personalità.

Vaginismo secondario:

  • trauma sessuale ed affettivo;
  • scoperta dell’omosessualità o dell’impotenza sessuale del partner;
  • paura della sessualità (ansia nel lasciarsi andare e di perdere il controllo);
  • timore dei rischi connessi alla gravidanza, al parto ed al post-parto;
  • innamoramento con persona diversa dal partner;
  • trauma iatrogeno (a causa di un intervento medico);
  • modificazioni del vissuto corporeo a seguito di malattie ginecologiche, isterectomia, menopausa ecc;
  • dispaurenia psicogena (dolore sessuale);
  • insorgenza di problemi psicologici.

Trattamento del vaginismo:

Il trattamento del vaginismo ha come scopo primario la modificazione della causa immediata del disturbo: la reazione condizionata. Il trattamento consiste nel progressivo decondizionamento dello spasmo involontario dei muscoli dell’entrata vaginale.

Tuttavia, prima che questo traguardo possa essere raggiunto, deve essere rimossa la riluttanza fobica alla penetrazione vaginale, attraverso procedure psicoterapeutiche.

In particolare, la procedura di estinzione della risposta condizionata di spasmo può prevedere, seconda la metodologia classica, l’uso di dilatatori di dimensioni crescenti. Questi vengono inseriti in vagina gradualmente, sotto il controllo del ginecologo, dalla donna stessa o del partner.

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